Slam Italia – Rete Italiana Poetry Slam, divulgato sul territorio nazionale nel 2014 da un’idea dei poeti piemontesi Bruno Rullo e Max Ponte, raggiunge ormai come un fiume di parole in piena, ogni regione e città d’Italia. Trainando pubblico, giuria e gli stessi poeti che ormai arrivano a candidarsi nelle gare di Slam sempre più numerosi. Tutti contagiati dalla sua formula innovativa di far poesia.
Una gara, diretta da un Maestro di Cerimonia, in cui più poeti si sfidano salendo su un palco davanti ad una giuria di cinque elementi estratti dal pubblico presente che decreterà il vincitore.
Anche l’isola d’Ischia, incantevole località di tramonti e paesaggi mozzafiato, si è resa palcoscenico di una gara febbrile di Poetry Slam.
Sabato 6 febbraio Forio, grazioso comune di Ischia, ha ospitato 13 poeti in gara e una scatenata giuria. Oltre che un numerosissimo pubblico.
Io, Master of Ceremony e poetessa Paola Casulli, ho faticato non poco, ma ammetto anche con grande divertimento, a condurre la competizione che, iniziata poco dopo le diciotto è terminata soltanto oltre le ventidue. I poeti ischitani si sono battuti a suon di versi, ora malinconici, ora divertenti, ora dissacranti, contro i poeti provenienti da Napoli e una poetessa romana di grande talento performativo.
Infuriavano a suon di versi sarebbe più corretto. Dato che la parola slam, nel gergo americano, designa un impatto, una sberla; deriva dall’espressione ‘to slam a door’, letteralmente ‘sbattere una porta’. Un termine, quindi, associato a quel genere di poesia orale per il quale il poeta, in soli tre minuti, deve poter catturare lo spettatore e ‘schiaffeggiarlo’ con le parole al fine di scuoterlo, di emozionarlo e farsi assegnare dalla giuria il voto più alto. Salendo, così, sul podio del vincitore.
Impresa non facilissima al Poetry ischitano. Proprio come immagino sia stato nei jazz clubs di Chicago, dove lo Slam è nato nel 1984, tutti i poeti presenti allo Slam isolano declamavano i propri testi con eguale forza performativa e recitavano i versi ad un ritmo così serrato e coinvolgente che credo sia stato arduo da parte della giuria stabilire il vincitore. Ma alla fine un vincitore c’è stato.
La signora Adriana Sansone, napoletana, ha vinto. Sbaragliando tutti gli altri concorrenti non solo con un punteggio di netto scarto fra il suo e quello realizzato dagli altri poeti, ma soprattutto con una simpatia travolgente e una voglia di vivere fuori dall’ordinario. Si, perché la signora in questione, di cui non rivelo l’età solo per rispetto, ma che mi prude la lingua a non dirlo perché lascerebbe tutti attoniti e meravigliati, è una forza della natura.
Lo Slam è nato in strada. In quelle strade affollate e cosmopolite dell’America sempre un passo avanti nell’idee innovative e rivoluzionarie. In seguito è stato importato in Europa, dilagando in Germania, Francia, Italia.
Tuttavia, ascoltando Adriana Sansone e ammirando la sua performance, mi convinco sempre di più di come proprio in poeti come lei, nella sua età e nella maniera di indossarla ci sia tutto il Mistero del Poeta come figura universale. E tutta l’immortalità della Poesia.
Incanto Errante