Charlie Risso (Carlotta Risso in arte Charlie), è una cantautrice di origini genovesi cresciuta musicalmente tra Milano e Londra. Una delle artiste fondamentali del folk mondiale.

Nasce a Genova dove vive fino ai 18 anni. Dopo la maturità artistica è a Milano a studiare arti grafiche, poi a Londra dove perfeziona il suo inglese mentre lavora come decoratrice. Nel periodo londinese inizia a scrivere canzoni (una delle prime è “Innocent Sweet”, che muterà negli anni fino alla versione contenuta nel primo disco, “Ruins of Memories”), ispirandosi a storie vissute e fantasticate.

Da sempre amante della musica americana, quella tradizionale ma anche quella contaminata da deviazioni indie, inizia a suonare la chitarra da piccola e intraprende un percorso di esibizioni live e teatrali. Partecipa allo storico Festival “Hardly Strictly Bluegrass” di San Francisco, esibendosi con la band“Red Wine”. Nel 2006 presta il brano“Destiny Never Dies” al cortometraggio“ZERO” del regista Emanuele Cova.
Nel 2007 e 2008 partecipa al “Red Wine Bluegrass Party” condividendo la scena con artisti come il chitarrista di fama internazionale.
Negli anni successivi continua a cercare la sua strada tra il rock e il folk collaborando con diversi artisti, percorso che la condurrà alla realizzazione del primo album in studio.

Charlie Risso

Storie intense e graffianti i suoi testi, a volte malinconici, risultano sempre raffinati e suggestivi dal sound contemporaneo e affascinante.

I suoi album sono:
Ruins of Memories 2016
Tornado 2020
The light 2022
Alive 2024

RUINS OF MEMORIES

Ruins of memories

Un debutto strepitoso e ispirato. Undici ricercatissime pennellate musicali da cui emergono a tratti la musica folk irlandese e scozzese, con un occhio al grande country e folk americano, ma con un un suono più contemporaneo e ben tratteggiate da una voce chiara e pulita. Chi ascolta questo album viene catapultato in un’America lontana. Tra i colori seppia, sembra di scorgere in lontananza i monti Appalachi in un dialogo senza tempo.

“The strength”, primo brano dell’album, la voce delicata di Charlie dice di come niente valga più, nonostante gli anni e le esperienze, della passione per le cose che si ama davvero fare.
“Superior” è un pezzo romantico, che parla di un cerchio mai chiuso e riesce a consegnare lo stato d’animo più struggente e coinvolgente 
“Rosemary” parla invece di una casalinga frustrata nel suo mondo interiore. Un brano che richiama lontanamente il mondo di John Lennon & company. L’influenza folk è presente. La canzone spezza leggermente con le prime due, dimostrando l’ecletticità di Charlie.
“Ash and arrow” è decisamente un brano folk; un po’ una parodia di un western. Il basso e il banjo creano il mondo di questo pezzo: singolare.
Ruins of memories, il quinto brano del disco e title track che si caratterizza come un suggestivo viaggio nei ricordi, ha un video che è un piccolo esercizio di cinematografia.
I’d be glad” racconta della solidità dei sentimenti d’amicizia e amore, che, nonostante il passare del tempo, restano ben saldi e non si esauriscono. 
“Leave”, inno all’indipendenza, va ad aprirsi pian piano, tra effetti distorti che fanno da cornice alla voce di Charlie.
“Innocent sweet”, con i primi tormenti amorosi legati alla giovinezza, descrive una storia d’amore mai sbocciata, né dichiarata. In questo brano l’arrangiamento vede una multi registrazione di violoncello e violino molto suggestivo,  richiamando a tratti  i Cranberries.
“Bed time” richiama una ninna nanna.
“Cigarette”, ovvero la storia di una sigaretta che vuole dominare il mondo, è il brano più swing dell’intero progetto, e spezza sicuramente il ritmo degli altri. La melodia è decisamente vivace.
“The road”, ispirata al libro “La strada” di Cormac McCarthy, è una canzone in cui è evidente la fonte di ispirazione legata alla genialità di Tom Yorke e alla psichedelia dei Pink Floyd.
“She” chiude il disco con eleganza.

TORNADO

tornado

“Tornado è il mondo che sta cambiando e non sarà più come prima,
siamo noi che guardiamo da molto vicino, la nostra precarietà, la nostra finitezza”. 
Charlie Risso

A quattro anni di distanza dal suo album d’esordio Ruins of Memories, la cantautrice genovese torna allo scoperto con otto brani che spingono più in là la sua poetica indie folk e che la portano a sperimentare con altri suoni e nuove emozioni. Tornado è un viaggio di parole e musica nei meandri degli stati d’animo dove in un turbinio di sensazioni e sapori, un vortice di malinconia e grinta, l’anima anela a una pace interiore difficile da raggiungere eppure possibile.
Suggestiva la copertina del disco è un dipinto realizzato appositamente dall’artista Jemma Powell (moglie del cantante Jack Savoretti). Immerso in un’atmosfera suggestiva e sognante, l’artwork evoca uno stato di turbamento interiore con uno squarcio di luce che può rappresentare l’inizio o la fine di un temporale.

Andamento altalenante per “Dark”, già scelta come singolo e apripista del disco, ma anche nota iniziale significativa di quello che sarà il colore del disco. Già brano nell’omonima serie tv su Netflix.
“Lord of Misrule” ha una voce con risonanze profonde, con ispirazioni folk e un percorso morbido ma inquieto.
Ecco poi la fantastica title track, Tornado, che cita in modo abbastanza chiaro Like a Hurricane di Neil Young, per poi procedere su strade proprie. Sicuramente il brano più bello del disco, malinconico, intenso, di grande impatto emotivo, specialmente nell’apertura del ritornello, il testo racconta l’avvicinarsi di un tornado e della sua potenza, in cui, per fortuna si può trovare riparo tra braccia di chi si ama. 

“E ora non c’è più niente da dire mentre sto guarendo nel tuo abbraccio,
ora non c’è niente da perdere mentre sono legata da qui come te”

Fa pensare più a sonorità Cranberries invece la tumultuosa “It Makes Me Wonder,” molto elettrica e piuttosto sotterranea, mantiene infatti una sonorità cupa e misteriosa.
Si fluttua su nuvole sonore nel vuoto di “Nothing at all”, suggestiva e graduale nei movimenti e nelle sensazioni. Si tratta di un lento raccolto, in cui la voce è cullata dall’arpeggio della chitarra e dal tappeto di tastiera e pianoforte. La melodia è emozionante e il testo si incentra su ricordi di una storia finita che ora non provoca più nessuna reazione.
“Hollow Town” riapre le porte di un discorso gentile e sommesso, ma la città descritta sembra ricca di insidie, con qualche istinto che si muove verso il desert rock. L’arpeggio di chitarra detta il ritmo e la sonorità folk-western evocando alla perfezione il titolo, dai suoni cupi arricchito dagli archi, in linea con le immagini, che ben descrivono una situazione sofferta, ma che prima o poi finirà.
Più contrastata “Crossroads”, con chitarre taglienti ma anche con il synth che fornisce profondità al discorso. Poi parte un pop-rock a medio tempo con echi new wave.
Si chiude con una molto sfumata “We’re Even”, basata soprattutto sulla voce. Qui un lento suggestivo, che nasconde nel sottofondo la chitarra elettrica distorta e i fiati, è il brano evocativo che parla di una relazione che nonostante le discrepanze mantiene un legame forte.

THE LIGHT

Dopo l’ottimo esordio di “Ruins Of Memories” e due anni dallo splendido “Tornado”, Charlie Risso presenta al mondo il nuovo album “The Light”, e si dimostra ancora musicista di una sensibilità unica. Questo terzo lavoro ha solo quattro tracce ma non soffre affatto della sua brevità, anzi, nell’ermetismo dimostra una capacità di arrivare dritto ai sentimenti fin dalle prime note. Il classico stampo folk della Risso qui tende sempre più a un Dreampop che si tinge di caratteri fortemente elettronici: l’amalgama degli elementi si rivela vincente grazie all’ottima produzione e agli arrangiamenti di notevole respiro.
La voce di Charlie conduce verso dimensioni alternative e “The Light” simboleggia l’evoluzione verso uno stadio superiore, in un abbandono delle futilità terrene che conduce verso l’illuminazione, superando la paura dell’ignoto raccontata in Into the Forest e il disagio creato dall’approccio con cambiamenti repentini (Landedon Speed), il tutto analizzando la difficoltà nel mantenere vive le proprie relazioni con gli altri (S.I.N.).

È il bianco a dominare la title-track “The Light”, sia a livello sonoro che visivo, nello splendido videoclip girato dal regista Emanuele Cova. Un brano dal forte valore spirituale e non necessariamente religioso ma più metaforico, dalle sonorità cinematografiche e sospese. È un brano evocativo con un crescendo tra glitch music e pop etereo con sonorità elettroniche nordiche che ricordano i Chromatics.

Con “The Light” sottolineo l’importanza delle piccole cose, anche le più banali. Tutto si tramuta ma non scompare. Il bagaglio degli affetti e delle esperienze che abbiamo fatto e che faremo rimarranno per sempre. “The Light” invita a spogliarsi del superfluo per arrivare ad una maggior consapevolezza di se intraprendendo un lavoro personale a tratti spirituale ma non necessariamente religioso attraverso il mondo delle proprie paure (“Into the Forest”), degli attriti e del disagio di determinati contesti (“Landed on Speed”) e delle difficoltà nel mantenere vive le relazioni importanti (“S.I.N.”) il tutto contestualizzato in natura che ha per me ha un forte valore benefico.
Charlie Risso

“The Light”, mixato e masterizzato di nuovo al Greenfog Studio di Mattia Cominotto (Meganoidi), s’impone  grazie all’intelligente produzione artistica di Federico Dragogna (Ministri) e conferma la nostra Charlie Risso come musicista e performer di alto livello, dalle risonanze internazionali e dalle potenzialità ancora in via di espansione.
“S.I.N.”, è l’acronimo di “Summer In Norway”, luogo dov’è stata composta la canzone (e si sentono tutte, le influenze di quei paesaggi). Ogni nota risuona di riverberi che rimandano alle composizioni del grande (compianto) Angelo Badalamenti, ma quelle note liquide alla “Twin Peaks” presto risalgono la china dell’eternità attraverso un tempo ostinato che porta il brano altrove, lo rende più terreno.
In “Into The Forest” Charlie Risso diventa ipnotica e ammaliante, il suo falsetto induce in uno stato di semi-trance e la tematica naturale, centrale, viene ottimamente espressa grazie ai ricchi arrangiamenti finali.
“Landed On Speed” ha la cadenza di una litania pagana, ma resa moderna dall’elettronica e coinvolgente attraverso le armonizzazioni e il sound più spiccatamente orchestrale.

ALIVE

ALIVE

“Alive è un album entusiasmante che esplora la bellezza, la sofferenza, la lotta, la distanza, il desiderio e la nostalgia. Una sfida personale che spinge i confini attraverso collaborazioni con musicisti talentuosi. Una pre-produzione meticolosa e un nuovo produttore artistico hanno arricchito il processo creativo, dando vita a un viaggio unico nel cuore e nell’anima”
Charlie Risso

Alive, uscito il 26 aprile per la label tedesca T3 Records, è il nuovo album di Charlie Risso.
Dieci tracce che compongono un viaggio onirico ed emozionale intenso e, secondo la critica musicale, il migliore finora dato alle stampe dalla cantautrice genovese. Infatti qui sembrano convergere tutte le sue anime, amalgamandole in un prodotto solido e dal sapore internazionale. Le stesse liriche, intense e comunicative, sono delle carezze per l’anima poggiate sulle esperienze di vita della cantautrice, e sembrano confortarci con un messaggio importantissimo: nelle difficoltà umane, negli ostacoli emotivi, nelle cadute, abbiamo il dovere di ricordare che non siamo soli.Tante le influenze utilizzate, un mix fatto di Elettronica, Ambient, Folk e Dream-Pop che si alternano con gusto e vanno ad esaltare il fattore narrativo-emotivo. E poi c’è la sua inconfondibile voce, di una bellezza commovente al servizio di linee melodiche incantevoli.

La title-track, “Alive”, parte proprio dal bellissimo timbro ed evolve in territori elettronici suadenti.
Un gioiellino anche “The Wolf”, dove la voce calda e avvolgente di Hugo Race si alterna alla magia della voce di Risso. Un feeling musicale che ricorda quella tra l’angelica Isobel Campbell e il tenebroso, compianto, Mark Lanegan, trovato privo di vita il 22 febbraio 2022 nella sua casa a Killarney, in Irlanda. Qui, in una murder ballad da manuale, corredata da archi e da un’atmosfera che ci mostra il panorama fosco davanti a noi.
Con il passare delle tracce il soffio di oscurità si dirada, lasciandoci in un’etera isola dove certo dream pop si sposa con rintocchi folk, ora più ludici, ora più scarni.
 “Railroad” sembra di ascoltare una via di mezzo tra Sharon Van Etten e Jane Weaver, tra dolcezze malinconiche e sintetizzatori dreamy.
Bellissimo anche il brano spiccatamente Lynchano, “By The Lake”. Lidi misteriosi e soffusi dove un’iniziale tremore lascia spazio al filtrare luminoso di una voce che accomoda il paesaggio, che si fa bucolico e sognante.
Un plauso anche per “Keep The Distance”, che muove da una sonorizzazione Ambient boschiva per evolvere sull’onda di un trascinante spirito folk. Un’atmosfera malinconica alla Lana Del Rey, sospesa tra sogno e realtà.

@IncantoErrante

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