OM MUNI MUNI MAHA MUNI SHAKYA MUNAYE SOHA (Om muni muni maha munaye swaha)
È il mantra del Buddha Śākyamuni, il Buddha storico.
È uno dei più importanti e conosciuti del Buddhismo tibetano, insieme al mantra Oṃ Maṇi Padme Hūṃ, associato ad Avalokiteśvara, il bodhisattva della grande compassione, e l’Oṃ tāre tuttāre ture svāhā, legato invece, a Tārā, madre di tutti i Tathagata.
Si sostiene che il Buddha stesso raggiunse il Risveglio tramite la potenza del significato di questo mantra, inteso come una vera e propria dhāraṇī, (sūtra di varia lunghezza contenenti formule magiche con un forte contenuto simbolico o poteri apotropaici) e che in condizioni analoghe Avalokiteśvara divenne il supremo di tutti i bodhisattva.
In italiano si traduce in: «Capacità, capacità, grande capacità di Colui che è capace tra gli Śākya».
Ma le traduzioni a volte possono intralciare l’esperienza dell’energia del mantra se ci concentriamo sul cosiddetto significato delle parole a scapito della semplice esperienza del suono che viene generato.
Infatti il mantra viene descritto come “un suono creativo considerato espressivo dell’essenza più profonda delle cose e delle comprensioni”. Quindi la recitazione del mantra “può evocare in modo addirittura magico” uno stato mentale ed energetico trascendente. I mantra sono quasi intraducibili poiché sono “il suono puro della parola illuminata”. Inoltre è sanscrito, non tibetano, e quello che possiamo fare e interpretarne le sillabe:
Oṃ è l’onniscienza dei tre corpi di un buddha. Il Santo Corpo, Parola e Mente del Buddha infinito. La conoscenza delle due vie dell’illuminazione (Metodo e Saggezza) e delle due verità (Assoluta e Relativa) che racchiudono in esse tutta l’esistenza.
Om richiede una benedizione atta a purificare corpo, parola e mente, così da ottenere la Buddhità;
Il primo Muni è il controllo sulla sofferenza dei tre regni inferiori e sull’errata concezione dell’Io autoesistente. Significa rinunciare alla sofferenza.
Il secondo Muni è il controllo sulla sofferenza di tutto il samsara e sui pensieri egoistici. Implica Bodhicitta, la “Mente del Risveglio”;
Maha muni implica Śūnyatā, la dualità. Il grande controllo sulla sofferenza delle illusioni sottili e sulla mente dualistica.
Shakyamunye significa il veloce sentiero tantrico per l’illuminazione.
Swaha vuol dire, possa la mia mente ricevere, assorbire e conservare le benedizioni del mantra e che queste possano radicarsi. Quasi un “così sia”, e indica l’aspirazione a diventare Buddha, dedicando la propria energia al beneficio di tutti gli esseri senzienti.
In sintesi, Il mantra del Buddha Śākyamuni sarebbe capace di combattere le sfumature negative dell’ego, di aumentare la consapevolezza e il potere delle azioni, oltre che di rinvigorire la motivazione, rendendo in grado di operare a grande beneficio di tutti gli esseri senzienti sparsi per i «Sei Reami», a loro volta purificati dalla recitazione del mantra medesimo.
Come ogni mantra legato alla tradizione tibetana, che sostiene la teoria secondo la quale l’essenza di ogni mantra va oltre la semplice somma delle sue parti, possiede un significato che va oltre parole che lo compongono. Inoltre, solo attraverso il semplice ascolto di questo mantra si acquisisce facilmente un vasto cumulo di meriti, e tutti gli oscuramenti Karmici vengono purificati.
Una sua recitazione rimuove qualsivoglia ostacolo al Risveglio, in tono con gli insegnamenti dei Sutra della Prajñāpāramitā, (l’insieme dei 38 Sutra buddhisti a fondamento del Buddhismo Mahāyāna.
Recitandolo solo una volta, tutte le azioni negative e dannose commesse in ottocentomila kalpa (ciclo cosmico), verranno purificate grazie alle qualità sconfinate che possiede in quanto essenza stessa del Buddha.
I tibetani lo recitano più volte ogni giorno, servendosi di una mālā (la corona di grani) oppure mentre compiono le circo-ambulazioni rituali accompagnate dalle prostrazioni attorno agli Stupa.
Incanto_Errante