Romanzo duro. Ipnotico. Salato come il mare che certe volte bevi distrattamente e la gola resta arsa per ore. É un romanzo sul Male come ne ho letti pochi. Mi ricorda la sconvolgente malvagità di McCarthy nel “Il buio fuori”. Narrata con altrettanta capacità di scandaglio che é vertiginosa in Nando Vitali.
L’esperienza di mancanza di etica, che il lettore fará immergendosi in questa lettura, non ha niente di retorico. Si imprimerá a lungo sotto la pelle. Resterà qualcosa di esotico e di emblematico come attraversare un paesaggio del tutto sconosciuto e perturbante.
Bosseide ha donne che hanno il languore distorto del male e la sensualità perversa di certi personaggi della Duras. Senza tuttavia possedere quella carnalitá alla fine troppo ingenua a stemperare, pur paradossalmente, la non banalità del male stesso. In un palesamento disarmante quanto salvifico. No. Bosseide é privo di erotismo. Vi é legato piuttosto, all’idea dell’eros, un magma nero. Indecifrabile e terribile. Sai solo che nel momento in cui ti attanaglia resti statua di cera e lacrime.
Anche, in Bosseide, gli uomini sono calvinianamente fottuti. Preda dell’avidità del demonio. In una perentoria coincisione dell’idea del bene con il male assoluto. Senza possibilità di salvezza. Ancorati come sono alla malvagità come essenza che permea ogni loro cellula, ogni loro azione di predominio e di vendetta. Da vera e propria rivolta da angeli neri sull’Eden. In un finale capovolto dove loro vincono e il mondo si dissolve. Scompare in una nube tossica.
Perché il male in Bosseide non è che marginalmente fisicità, ossa e sangue. Il male qui non é neanche psicologico. Ché forse si sarebbe potuto giustificare. Cauterizzare. Redimere. No. In Bosseide il male è tutto mentale. Quindi irrevocabile e terribile. Non ha niente di animalesco ma é solo unicamente umano. Generato dalle nostre costole al principio dei tempi. Dove tutti i personaggi, nessuno escluso, in quel ristretto spazio tra chi sono e chi vorrebbero essere, balenano come fuochi divoranti. E non dico il bene o l’innocenza o la carità ma dico semplicemente il pudore é bandito se non disconosciuto in questo spazio angusto e melmoso, giusto a contenere lo scatto di un coccodrillo. Che ti afferra e ti porta giù. Veloce e letale. Come Boss viene magistralmente descritto.
In Bosseide la risalita dal baratro non é prevista. Non è neanche lontanamente agognata. Resta scissa tra quell’oggi e quel ieri del romanzo. Rivolo di memorie, dei protagonisti, come muco maleodorante da togliere con un gesto di stizza con l’avambraccio. E lì si ferma.
Il resto, per il lettore sbigottito e incredulo, è riprendere a respirare. Ché prima era giù. Immerso in oceani profondi.
Gaffi editore in Roma – Euro 14,90

Incanto Errante

 

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